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martedì 14 novembre 2017

Chi sa tace...

Ciao a tutti, come va?

Ultimamente sembra che interrogarsi sulla salute del fumetto in Italia, e in particolare sullo stato di salute del fumetto prodotto nel nostro Paese, sia diventato una specie di piccolo mantra negli spazi dedicati agli appassionati. E credo che questa curiosità, a tratti un po' morbosetta, da una parte sia il riflesso di un legittimo interesse per la sorte di una passione che spesso viene coltivata da anni, e dall'altra sia la manifestazione di un desiderio di trasparenza in un mondo in cui le informazioni sono sempre più accessibili, e in cui ostinarsi a tenerle riservate risulta perlomeno sospetto. E forse anche indisponente. Poi ovviamente ci sono anche le persone che "tifano" per questo o quel fumetto, e che vorrebbero sapere meglio come vanno le cose alla loro "squadra del cuore". Così quando si sentono dire, sempre più spesso, che le cose vanno male per tutti sono i primi a contestare l'attendibilità dei dati che emergono di tanto in tanto... Mandando regolarmente a quel paese chiunque suggerisca che fondamentalmente le squadre in campo oggi sono quasi tutte perdenti...

A prescindere dalla precisione dei dati che circolano, però, è abbastanza evidente che buona parte delle scelte editoriali degli ultimi anni sembrano dettate fondamentalmente dal bisogno di tentare (molto goffamente, per la verità) delle nuove strade, man mano che ci si accorge che quelle vecchie non portano più da nessuna parte. Quindi forse qualcosa di vero, in tutte queste pessimistiche proiezioni, c'è. I motivi di questa situazione sono tanti, e spesso ne ho parlato anche su questo blog, però al di là di tutto credo che ci sia almeno un motivo valido per cui le case editrici - e chi ci lavora - non vogliono rendere noti i dati di vendita e il trend sempre più negativo degli ultimi anni (in particolare per alcuni personaggi storici e particolarmente prestigiosi). E quel motivo è la paura di compromettersi sbocchi e opportunità che non hanno direttamente a che fare con la produzione di fumetti, ma che - grazie alla fama di questo o quel personaggio, e degli autori che ci hanno lavorato - possono garantire entrate e introiti supplementari di vario tipo, alimentando un sistema che - fondamentalmente - si regge  sulla reputazione che certi fumetti si sono guadagnati nei decenni passati...

Basti pensare alle ristampe prodotte da altri editori su licenza, alle collane di allegati per i quotidiani, alla possibilità di essere distribuiti nelle librerie di varia, a eventuali campagne pubblicitarie che cercano testimonial, alla collaborazione con enti più o meno prestigiosi, al licensing per gadget e capi di abbigliamento, alle partnership con le piattaforme televisive e via dicendo...

E magari alla possibilità di dare maggiori opportunità di carriera ad autori e collaboratori vari, che di certo non avrebbero vita facile se si diffondesse ufficialmente la voce che hanno contribuito al declino (o perlomeno alle basse vendite) di questa o quella serie. E di sicuro non verrebbero chiamati in cattedra per insegnare a dozzine di giovani più o meno speranzosi come si fa ad avere uno scintillante futuro lavorativo nel gratificante mondo del fumetto...

Ovviamente non sto dicendo che frequentare un corso o una scuola di fumetto, ad un costo più o meno alto, sia del tutto inutile e/o che abbia il principale obbiettivo di approfittarsi della buona fede di chi lo frequenta, ma credo che se certi dati fossero resi pubblici probabilmente il tutto verrebbe considerato in un'ottica diversa... E sicuramente un certo tipo di approccio, che non tiene in considerazione la realtà dei fatti, non finirebbe per farsi largo anche al di fuori delle scuole di fumetto propriamente dette. E dico questo perchè, solo nello scorso mese, sono state annunciate diverse iniziative che si presentano da sole. Per esempio a Torino la scuola Holden, che è un istituto privato che dal 1994 insegna narrazione e comunicazione, ha deciso di collaborare con la casa editrice Bonelli per un corso finalizzato ad insegnare come si scrive una storia di... Martin Mystère...

Il corso, che si sviluppa in tre fine settimana, costa 1300 euro a testa e viene tenuto da Andrea Cavaletto con la partecipazione speciale di Alfredo Castelli. Ci sarà anche un altro corso, dedicato al fumetto ad ambientazione storica, tenuto da Tito Faraci (trovate tutte le informazioni CLICCANDO QUI). Ora: lungi da me l'idea di pensare male o di criticare chi organizza questi corsi, ma alla Scuola Holden lo sanno che  Martin Mystère è uno dei fumetti Bonelli che vende di meno (nonostante sia diventato bimestrale da anni) e che probabilmente non verrà portato più avanti una volta esaurite le storie già preparate? E lo sanno che Tito Faraci in fatto di fumetti storici (escludendo cose come Tex e Magico Vento) ha scritto giusto la graphic novel L'Ultima Battaglia (di cui nessuno parla più da anni)? E che l'unico personaggio "storico" (nel senso che era ambientato negli anni Cinquanta) che ha ideato per la Bonelli, Brad Barron, non è andato oltre a una miniserie di diciotto numeri e a qualche Speciale?

Comunque, per la cronaca, la Scuola Holden l'anno scorso aveva promosso un training camp simile, dedicato ai fumetti horror, e per vedere i risultati potete CLICCARE QUI. Ovviamente ognuno è libero di spendere i suoi soldi come meglio crede, però davvero non posso fare a meno di chiedermi come andrebbero le cose se le reale situazione del fumetto in Italia fosse di pubblico dominio. E non mi riferisco solo ai fumetti realizzati in Italia.

Da qualche anno parole come anime e manga - per fortuna - sono entrate nel linguaggio comune... E nel frattempo c'è stato un discreto boom di iscrizioni ai corsi lingua giapponese, anche a livello universitario, da parte di ragazzi cresciuti col mito del fumetto giapponese che in qualche modo sperano di fare della loro passione per i manga un lavoro. Così, molto meritoriamente, presso il dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Torino sta partendo un corso di “Linguaggio e traduzione dal manga”... Che probabilmente non considera il fatto che il mercato dei manga tradotti in italiano è già saturo di traduttori (spesso abbondantemente sottopagati, e ai quali viene chiesto anche di adattare i testi), anche perchè salvo rarissimi casi una collana di manga, in Italia, vende tanto quando arriva a quattromila copie... 

Mentre ormai la stragrande maggioranza degli anime fruibili nel nostro paese arrivano sottotitolati da gruppi di traduttori amatoriali che - ovviamente - non possono remunerare nessuno... Ad ogni modo penso che sia molto interessante notare che le Scuole di Fumetto propriamente dette, che sono un po' più addentro a certe dinamiche, hanno iniziato da tempo a mettere le mani avanti differenziando l'offerta formativa in maniera abbastanza originale. La Scuola Internazionale di Comics di Roma, ad esempio, ha anche corsi per aspiranti tatuatori e fotografi (QUI potete vedere un elenco dei docenti)...

E la grande novità di quest'anno è un corso dedicato alla critica del fumetto (CLICCATE QUI), che consta di dodici incontri di tre ore l'uno (il prezzo non viene riportato)... Trentasei ore che forniranno "le nozioni e gli strumenti necessari per occuparsi di fumetti con cognizione di causa e piena consapevolezza storico-critica, consentendo uno svolgimento ottimale di attività come quelle di giornalista, di ufficio stampa, di curatore di eventi."

Senza nulla togliere a chi tiene questo corso, qualche dubbio sul fatto che trentasei ore possano bastare per formare gli esperti di fumetti di domani mi sembra legittimo.

Comunque se ho parlato di tutte queste meravigliose e utilissime (???) iniziative nel post di oggi era giusto per mettere in evidenza il fatto che in Italia il sistema-fumetto è qualcosa che ormai tende ad autoalimentarsi e a riprodursi per partenogenesi in maniera sempre uguale a se stessa. E ultimamente questo sistema-fumetto tende anche ad insediarsi in contesti nuovi e periferici come le scuole di fumetto e i corsi universitari, usando come cavallo di Troia la recente popolarità presso il grande pubblico dei prodotti derivati da manga e comics. Con buona pace di chi si chiede perchè la situazione continua a peggiorare e perchè i fumetti in Italia sono un passatempo sempre meno popolare e coinvolgente, e con sempre meno sbocchi per chi vorrebbe farne la propria principale fonte di reddito.

Quello che voglio dire è che, ad esempio, in giro non si tengono corsi finalizzati ad esplorare il mondo delle autoproduzioni tramite crowdfunding, o magari finalizzati ad analizzare le tendenze di quei fumetti che tramite internet hanno avuto grandi riscontri presso un pubblico globale... E men che meno si trovano in giro corsi finalizzati alla realizzazione di fumetti dedicati a nuove nicchie di pubblico emergente. Fumetti per ragazze? Fumetti gay friendly? Fumetti per millenials? Fumetti studiati per essere letti sui supporti digitali? Un bel seminario sulla gestione di Patreon o sull'apertura dei fumetti stranieri nei confronti delle minoranze?

Niente di tutto ciò.

Anche perchè i nomi più blasonati del fumetto italiano di oggi, anche solo per una questione anagrafica, NON hanno questo genere di competenze (perchè hanno potuto inserirsi solo in un sistema che non le favoriva), e in buona parte dei casi vanno avanti sfruttando al meglio dei meccanismi ormai logori, giostrandoli a proprio vantaggio, anche se in effetti non sono più sufficienti per mantere il fumetto italiano in buona salute.

Tant'è che corsi finalizzati a rilanciare il fumetto di domani non se ne trovano, però un bel corso da 1300 euro per imparare a sceneggiare Martin Mystère lo si può sempre recuperare...

Anche perchè la sensazione generale è che il primo obbiettivo dell'industria del fumetto italiano, oggi, non sia più tanto vendere fumetti, quanto "sapersi vendere", anche promuovendo i suoi esponenti e i suoi brand, a discapito dei loro reali contenuti e dell'effettivo successo di pubblico.

E questo, forse, può aiutare a comprendere meglio perchè certi dati di vendita sono diventati un segreto di Stato (anche se ogni tanto qualche talpa nel mondo della distribuzione e delle redazioni salta fuori, e ogni volta è un bagno di sangue).

Facendo un giretto su internet, comunque, può essere interessante notare che nel mondo si moltiplicano i corsi e i diplomi universitari legati al mondo del fumetto. E la sensazione è che tengano in debita considerazione la situazione per quello che è. Se ad esempio andate sul sito della Staffordshire University, oltre alle pagine che descrivono la sua politica di inclusione e di lotta all'omofobia (con tanto di mese dedicato, e se non ci credete CLICCATE QUI), trovate anche la presentazione del suo corso triennale su "Cartoon and Comic Arts" (CLICCATE QUI), che equivale a 112 crediti. C'è da dire che un intero modulo del primo anno è dedicato al "fumetto nel XXI secolo", giusto per rendere l'idea. Tra l'altro l'Università organizza da anni una propria convention fumettistica - la Stoke Con Trent - e porta gli studenti in visita alle principali convention del mondo, da New York al Giappone... E, giusto per mettere le cose in chiaro, Lucca Comics & Games non è citata da nessuna parte. Il costo di un anno accademico full time (da settembre a giugno) è di circa 10.000 euro (1000 euro al mese circa, contro i 1300 euro necessari per i tre weekend finalizzati a scrivere un soggetto per Martin Mystère).

Ognuno tragga le conclusioni del caso.

Ad ogni modo l'ultima edizione della Stoke Con Trent si è tenuta un paio di settimane fa, e sul sito ufficiale si inizia già a parlare dell'ottava edizione (CLICCATE QUI). Quel che si dice formare gli studenti attraverso esperienze pratiche nel loro ambito formativo, insomma...

Certo è che in Italia la situazione è un tantinello diversa sotto vari punti di vista. E qui si inserisce la  la volontà di alimentare un sistema autoreferenziale e fondamentalmente scollegato dalla realtà di oggi. Di conseguenza non diffondere i dati di vendita ufficiali in maniera costante è un ottimo modo per mantenere viva l'illusione (o perlomeno il dubbio) che le cose non vadano così male, con tutti i benefici collaterali che se ne possono trarre.

Anche perchè diffonderli inevitabilmente innescherebbe un meccanismo che porterebbe a rompere determinati equilibri, a cercare nuove competenze e a mandare in pensione più di una generazione di professionisti, curatori e quant'altro. E forse porterebbe persino a proporre dei fumetti davvero moderni e al passo coi tempi, che potrebbero rilanciare il settore e farlo tornare popolare sul serio...

Tutte cose che però metterebbero a rischio chi amministra e rappresenta il sistema fumetto al momento attuale, e che guardacaso sarebbe anche in grado di fornire i famosi dati di vendita di cui sopra.

Quindi, forse, niente accade per caso.

Alla prossima.

1 commento:

Marco ha detto...

Faccio notare che per come mi pare di vedere in giro, Manga (e anime) sono in discreta crisi tranne qualche grande titolo, solo un po' meno dei fumetti italiani (tutto ciò che è italiano è da decenni limitato nel pubblico locale e/o con limiti di bugdet e/o a scarso livello d'innovazione, sempre in linea di massima). Sarà che son "vecchio" ma il grande periodo (neanche il primo, probabilmente il secondo o il terzo) del fumetto giapponese (in popolarità e qualità) per me s'è concluso da sarà diec'anni. Troppe ripetizioni, troppo campare su collaudati schemi, troppo uso di ottime basi fino a sfinirle e renderle prevedibili. Il nuovo c'è, c'è sempre, ma mi sembra da cercare col lanternino. Gli anime sono stati molto discriminati, ma dalla TV, ormai destinata, più per i toni e i palinsesti che per limitazioni tecniche, a diventare un media per anziani o, all'opposto, per appassionati di reality, tormentoni, grandi eventi sportivi, serie di grido, ecc. Tutto l'opposto di qualunque racconto "scomodo" o semplicemente approfondito o in generale alternativo. Comunque esistono (non molti, ma enormi) canali perfettamente ufficiali per vedersi quintalate di anime, senza dover andare sull'ufficioso. Se si sa l'inglese diventano anche di più, tanto da stomacarsi per la quantità (che è uno dei motivi per cui gli anime ancora reggono: tanta fuffa, ma una piccola percentuale apprezzabile, che non è esigua perché è su un totale di titoli annui sterminato)